Sono sull’autobus; devo scendere alla prossima. Premo il pulsante per prenotare la fermata. Nulla accade. Mi giro un po’ intorno, poi la trovo: la luce gialla che lampeggiando dovrebbe farmi sapere che la mia azione ha avuto un esito è nel soffitto, proprio sopra la mia testa.
Innegabilmente, un’indicazione che la fermata è stata prenotata c’è. Se fossi stato un minimo più sveglio l’avrei vista prima. Il punto è che a un utente non si dovrebbe richiedere alcuno sforzo, se pur minimo, per avere un riscontro di una sua azione; in una conversazione ci accorgiamo intuitivamente che il nostro interlocutore ci ascolta in base al suo comportamento: risposte, cenni, posizione del corpo.
Così è, o dovrebbe essere, nella progettazione del software, in particolare dell’interfaccia con un essere umano: l’utente deve sempre avere la percezione che quello che fa è stato recepito dal sistema, nel bene o nel male, tramite una chiara indicazione; questa deve essere immediatamente disponibile: l’interfaccia deve agevolare l’utente, non costringerlo a trovare il modo di interpretarla.
Per esempio, se premo il pulsante “Salva” deve accadere qualcosa che mi indica che il documento su cui sto lavorando è stato salvato; può essere una scritta di conferma, la disattivazione del pulsante fino a una nuova modifica, l’aggiornamento della data di salvataggio. L’importante è che questa informazione ci sia e che sia visibile all’utente senza costringerlo ad andarla a cercare.