Attraversare la finestra: oltre gli open data

René Magritte - The Human Condition

Da anni nella Pubblica amministrazione circola l’idea dei dati aperti. Nel mondo i buoni esempi non mancano; per l’Italia basta fare un giro dei principali siti (in genere facenti capo alle Regioni) per vedere come l’idea sia stata colta e implementata, a volte bene, con dataset completi, nel formato corretto e corredati dalle necessarie schede di metadati che ne illustrano il contenuto, e a volte male, magari confondendo il concetto di open data con la semplice pubblicazione di materiale informativo.

Si tratta in generale di dati statistici, quindi già sottoposti a una prima interpretazione del curatore, e più rarfamente di dataset “elementari”, che forniscono un livello di dettaglio non aggregato.

Questi dati sono quasi sempre immagini periodiche (in genere annuali) o una tantum di una situazione; come tali, per quanto alta sia la frequenza di aggiornamento, si tratta di informazioni statiche che non consentono di avere a disposizione l’attuale situazione ma solo quella a una certa data. Inoltre non consentono interrogazioni mirate ma solo uno scarico indiscriminato.

Concetto ben diverso, e purtroppo quasi ignorato, è quello dei servizi aperti, ovvero web service più dinamici che consentono l’interrogazione di uno stato attuale e non di una “fotografia” in un dato momento.

Qualche semplice esempio: la statistica degli incidenti automobilistici dell’ultimo decennio può essere utile per la pianificazione di interventi di manutenzione urbanistica o per orientare campagne di sicurezza stradale ma non ci dice se l’autostrada su cui siamo è percorribile. Un elenco del numero di ricoveri ospedalieri può agevolare l’ottimizzazione delle risorse condivise tra varie strutture sanitarie ma non dice a un medico se il paziente che ha di fronte sia stato già ricoverato. Ancora, i millimetri di pioggia annuali possono essere utili per valutare i cambiamenti climatici ma non ci aiutano a sapere se domani pioverà.

Ferma restando quindi l’indubbia utilità degli open data, ovviamente quando implementati secondo le regole, sarebbe immensamente utile, per una vera e propria cooperazione applicativa, peraltro prevista e in parte già implementata, l’apertura di open services interrogabili dinamicamente e soprattutto interattivamente (quindi non solo per estrarre dati ma per compiere azioni: inviare un modulo, comunicare la modifica di una situazione, ecc.). Ciò fornirebbe la possibilità di creare, all’interno della Pubblica amministrazione, ma anche e soprattutto verso privati, dei servizi ad alto valore aggiunto, consentendo attraverso un dialogo reale tra differenti sistemi la realizzazione di “incroci virtuosi” in grado di semplificare e velocizzare procedure e percorsi.

(Si veda in proposito anche l’interessante documento Per una Strategia Digitale delle Amministrazioni Pubbliche del Paese di Alfonso Fulgetta)