Non pensare fuori dagli schemi

Questa storia è un po’ vera e un po’ inventata.

Iniziamo dalla parte vera omettendo qualche dettaglio per schivare le solite querele.

La storia vera

E’ un caldo pomeriggio d’inizio agosto e come palcoscenico abbiamo l’ufficio ritiro corrispondenza di una famosa società del settore.

Un baldo giovane si presenta alla sonnacchiosa impiegata esibendo un validissimo numero di consegna accompagnato da un pizzico d’ansia da ritiro; è uno di quei casi in cui ci sentiamo tutti un po’ bimbi la notte di Natale.

Vuole ritirare il suo pacco.

Purtroppo il pacco non è il suo: la puntigliosa impiegata, accortasi che il nome del destinatario non coincide con quello del desideroso giovane, rifiuta di consegnare la bramata scatola.

L’ansioso giovane insiste ma la formale impiegata recita a memoria la famosa regola “pacchi e lettere possono essere consegnati solo al destinatario o a un suo delegato che presenti regolare delega con annessa fotocopia del documento di identità del destinatario”. Facile, facile.

Il tenace giovane non demorde e, oscillando tra la minaccia e la supplica, tenta di esibire ogni sorta di prova elettronica pescata del magico cilindro del suo smartphone: email, pagamenti con carta di credito e un assortimento di pagine del sito di e-commerce dal quale dice di aver acquistato il pacco.

L’arguta impiegata intuisce che nulla di quanto è presente sullo smartphone dell’ostinato giovane può sostituire la regola e, abbracciando il plico come per proteggerlo, scuote lentamente la testa da sinistra a destra e da destra a sinistra.

Anche accusare il venditore di aver sbagliato il nome del destinatario non ammorbidisce il cuore della rigorosa impiegata.

Lo partita sembra destinata a un inevitabile stallo quando arriva il colpo di scena: l’intraprendente impiegata spiega allo speranzoso giovane che se il venditore invierà all’ufficio una email indicandolo come destinatario corretto il giorno successivo egli potrà avere l’oggetto delle sue brame.
Naturalmente l’email dovrà riportare esattamente i dati della spedizione presenti sul pacco.

Il fiducioso giovane ottiene di poter fotografare il pacco con l’amato smartphone in modo da fare la richiesta corretta alla disattenta società di e-commerce.

La storia inventata

L’astuto giovane, tornato a casa, prepara un’email avente come mittente la società di e-commerce, vi inserisce i dati della spedizione catturati con la macchina fotografica del suo smartphone e si nomina destinatario della spedizione.
Il giorno successivo si presenta all’ufficio ritiro corrispondenza della famosa società e ottiene il suo pacco, non dimenticando di ringraziare la gentile impiegata.

E già, i mittenti delle email si possono falsificare. Chi non lo sa è in buona compagnia, o almeno in compagnia dell’intraprendente impiegata dell’ufficio ritiro corrispondenza.

Questo è l’unico aspetto “tecnico” della storiella; tutti gli altri sono umani, molto umani.

La morale della storia

Cos’è andato storto?

L’innovativa impiegata ha pensato fuori dagli schemi.

Ma, direte voi, “pensare fuori dagli schemi” è uno dei consigli più propinati a chi vuole innovare o risolvere problemi astrusi o intriganti; se Steve Jobs e Mark Zuckerberg non avessero pensato fuori dagli schemi non potremmo ammazzarci di Facebook sditazzando sull’ultimo modello di iPhone.

Vediamo allora quando non conviene pensare fuori dagli schemi.

  • Non c’è nessun problema da risolvere: la regola sulla consegna dei plichi funziona benissimo da decenni. Il problema non è che l’insistente giovane non riesce a ottenere il suo pacco ma che, dal punto di vista dell’ufficio, quello non è il suo pacco.
  • Non si cambiano le regole del gioco durante la partita: la forza delle procedure, come quella adottata dall’ufficio per la consegna dei plichi, risiede nel fatto che consentono alle persone di minimizzare gli errori sfruttando l’esperienza codificata nelle regole.
    Certo, le procedure sono noiose ma sono anche ciò che rende più probabile essere mangiato da uno squalo che morire in un incidente aereo.
  • Non si conosce lo schema: l’impreparata impiegata non conosce il funzionamento della posta elettronica e, quindi, non immagina che si possano creare email con mittenti a piacere.

I primi due casi non ci interessano essendo lezioni che si imparano da bambini provando a riparare l’orologio del nonno perfettamente funzionante e tentando di barare giocando a nascondino con gli amici.

Quello interessante è il terzo caso perché da quando gli strumenti di comunicazione ad alta tecnologia scandiscono il ritmo delle nostre giornate si ripresenta in forme sempre nuove: l’obsoleta posta elettronica (2 miliardi di messaggi al giorno) è affiancata dalle decine di social media che nell’ultimo decennio hanno invaso il mondo (Facebook è passato dai 100 milioni di utenti del 2008 ai 2,3 miliardi di quest’anno).

Essendo più precisi, il problema non è uscire dagli schemi ma uscirne involontariamente perché non si riesce a identificarne i limiti.
Quando si tratta di oggetti astratti, come i nuovi strumenti di comunicazione, la maggior parte di noi effettua un’analisi superficiale perché applica il metodo che usiamo da milioni di anni: valutare le cose per come ci appaiono o fidandoci dell’esperienza di qualcuno.
Il metodo funziona parecchio bene per decidere se accarezzare una tigre di 400 chili con zanne da 6 cm o fare una zuppa con le bacche che hanno appena ucciso il nostro vicino di grotta.
Ma nel mondo immateriale in cui passiamo sempre più tempo le strategie euristiche dell’homo sapiens mostrano qualche limite. A peggiorare la situazione c’è la propensione a dare credibilità a persone che conosciamo solo superficiamente come gli “amici di Facebook” che, a differenza dei veri amici, sono raramente interessati al nostro bene.

Si decide allora che una email che ha come mittente l’ing. Rossi l’ha certamente spedita lui e che è credibile la foto di un gatto gigante pubblicata su Facebook da un’amica.

Quindi, cosa fare?
La soluzione razionale è studiare a fondo gli strumenti che usiamo e verificare con cura le informazioni che ci arrivano dai canali non intrinsecamente affidabili.
Oggi questo è fattibile e caldamente suggerito da ogni sorta di guru e opinionisti.
Ma diciamo la verità: vi mettereste realmente a verificare ogni foto di gatto gigante o messaggio con proposte miracolose? Decisamente no.

Un metodo semplice è allargare l’insieme di ciò a cui diamo valore.
Naturalmente la lista comprende cose ovvie come i soldi, la casa e la salute.
Ma includendo anche elementi più astratti come la reputazione, le amicizie e il diritto di voto diventa più facile decidere quando è il caso di prestare attenzione alle informazioni che riceviamo e spendere un po’ di energia per studiarle e verificarle.

Facciamo due esempi.

  • All’ormai famosa impiegata dell’ufficio ritiro corrispondenza è possibile che poco o nulla importi del destino di un singolo pacco e anche consegnarlo alla persona sbagliata potrebbe non influire significativamente sulla sua carriera. Ma la signora potrebbe avere una reputazione tra i colleghi e l’essere etichettata come “stupida” pesare ben più di un richiamo formale.
  • Abbeverarsi esclusivamente alla fonte di informazioni di un unico partito porta ad acquisire una visione del mondo che, casualmente, coincide con la proposta politica di tale partito. La naturale conseguenza è votare per la nostra unica fonte di informazioni.
    Ma “votare è scegliere” e se si conosce un solo mondo la scelta diventa un’illusione e finiamo per cedere il nostro diritto di voto in cambio di una visione del mondo costruita per (com)piacerci; confortevole ma non proprio saggio.

In conclusione: prima di decidere se pensare fuori dagli schemi serve capire quali sono i limiti di tali schemi.
Per decidere quando e quanto impegnarci per studiare gli strumenti che usiamo e per verificare le informazioni ricevute si deve considerare cosa di quello che ci è caro cederemo a qualcun altro o rischieremo di perdere.

Per applicare il “metodo” basta rispondere a qualche domanda.

  • Cosa mi stanno chiedendo?
  • Quanto mi costa accettare la richiesta in termini delle cose a cui tengo?
  • Ritengo che il costo sia abbastanza alto da impegnarmi in un approfondimento?
  • Accettare la richiesta mi costa poco o nulla ma danneggia qualcun altro a cui tengo?

Facile facile, o no?


P.S. Un metodo semplice per sapere se gli “amici di Facebook” sono veri amici è annunciare un trasloco d’urgenza e contare quanti si presenteranno a spostare gli armadi.