La decima sinfonia di Beethoven

Beethoven

Era una bella mattina di primavera del 1827 e Ludwig van Beethoven si era svegliato stranamente di buon umore: nonostante fosse logorato dalla malattia, stava pensando a un motivetto musicale.

Nell’arco della mattinata il motivetto divenne un tema. “Wunderbar!”, pensò Beethoven, “Suona proprio bene!”.

Nel primo pomeriggio Beethoven cominciò a pensare a dei movimenti: il primo riprendeva il tema che gli era venuto in mente e lo sviluppava in un allegro; il secondo era un adagio maestoso; il terzo rallentava e il quarto sfociava in un allegro veloce.

“Altro che Inno alla gioia!”, si disse Beethoven, “qui vien fuori una sinfonia coi fiocchi”. Aveva ragione: la sua decima sinfonia sarebbe stata un inno alla vita.

Per sera aveva già pensato agli archi e agli ottoni. Aveva concepito un modo completamente nuovo di usare gli strumenti; persino al triangolo aveva riservato una parte incredibilmente lunga. Si addormentò pensando: “Domani la trascrivo!”.

Il giorno dopo Beethoven non si sentiva bene. Fece appena in tempo a dire “Amici, ho finito la decima!” e morì, indispettito per non aver trascritto il suo capolavoro, che andò perduto per sempre.

Morale: ricordatevi di salvare, anche più volte, il documento su cui state lavorando.