La storia del cinema di fantascienza è ricca di scene in cui vengono mostrate interfacce utente più o meno avveniristiche. Queste interfacce ci appaiono spesso geniali e ci fanno desiderare di averle disponibili. In realtà si tratta quasi sempre di una pessima idea.
Le interfacce utente che compaiono nei film sono fatte per sembrare belle, affascinanti e spettacolari sullo schermo, ma raramente sono applicabili nella vita reale, non tanto per la mancanza della tecnologia necessaria per realizzarle quando per la quasi totale mancanza di praticità.
Nonostante il personaggio di turno si dimostri capace di usare perfettamente l’interfaccia, anche senza averla mai vista, questa è spesso estremamente complessa. Il sistema di gestione del Jurassic Park è accessibile mediante comandi testuali e un’interfaccia in computer graphics: un sistema alquanto scomodo per accedere una luce; eppure la piccola Lex non incontra alcuna difficoltà a usarlo senza bisogno di formazione specifica (“è un sistema Unix” dice, “lo conosco”, che è un po’ come dire che se conosci il codice della strada sai guidare qualunque veicolo).
Il gigantesco schermo verticale, curvo e semitrasparente di Minority Report costringe il povero Tom Cruise a gesticolare nell’aria come un ossesso; osservarlo è sicuramente divertente ma lavorare al computer tenendo tutto il tempo sollevate le braccia pare più un’attività da palestra che da ufficio.
La scena in cui il cacciatore di Replicanti interpretato da Harrison Ford studia una foto mediante una macchina ingranditrice in Blade Runner è affascinante e ricca di tensione; tuttavia, concepire comandi vocali che comprendono coordinate per ascissa e ordinata e fattori di ingrandimento semplicemente per vedere meglio il particolare di un’immagine è pretendere un po’ troppo dal povero utente.