“È la condivisione, bellezza!”

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L’accesso di massa a mezzi di comunicazione potenti e veloci pone a chiunque delle responsabilità che una volta potevano ricadere solo su pochi. Per esempio, il rischio di diffamazione era relativamente limitato prima dell’avvento di Internet: ora basta poco perché si possa offendere qualcuno di fronte a migliaia di persone in pochi secondi.

In particolare, riprendere e diffondere, anche in perfetta buona fede, una notizia o in generale un messaggio senza rendersi conto delle possibili conseguenze può costituire un problema legale (o quanto meno “morale”) a cui non si è preparati; ci si può inoltre esporre a “figuracce” a livello nazionale, non tanto di fronte ad amici quanto a perfetti sconosciuti. In alcuni casi la falsità è evidente, in altri molto meno.

Un buon inizio è quello di prendere l’abitudine di verificare la notizia prima di condividerla: a volte basta davvero poco per evitare di far circolare la voce di un’inesistente nuova legge o di una clamorosa quanto assurda scoperta scientifica.

Prendiamo per esempio questo caso: vediamo su Facebook che il nostro caro amico Mario Rossi ha condiviso, insieme ad altre tremila persone, un post pubblicato da un certo Luigi Verdi che recita: “Nessun giornale ne parla! Con la legge 3756 del 3 gennaio 2014 il Parlamento ha proibito la libera circolazione dei cittadini! Ditelo a tutti!”.

Possiamo scandalizzarci, condividere a nostra volta la scandalosa notizia aggiungendo un commento di imprecazioni contro uno Stato di polizia e quindi scendere in piazza per manifestare a favore dei diritti dell’uomo. Oppure, più ragionevolmente, possiamo tirare un profondo respiro e riflettere prima di agire.

Prima di tutto dobbiamo tenere presente che c’è una certa differenza tra “verosimile”, “probabile” e “reale”: il fatto che una cosa possa potenzialmente, per quanto improbabilmente,  accadere non comporta che sia effettivamente accaduta.

Poi vediamo da chi arriva la notizia: possiamo considerarlo una fonte affidabile? E perché? Ricordiamoci anche che la condivisione da parte di conoscenti in molti casi non è di per sé una garanzia. Anche il fatto che la notizia sia stata presa da un quotidiano non la rende necessariamente vera; inoltre, parrà strano ma non sono pochi i casi in cui una notizia inventata per ridere da un giornale satirico abbia fatto il giro del mondo come vera.

Possiamo verificare la notizia? In molti casi sì; in alcuni potremmo addirittura avere accesso alla fonte originale. Se si tratta di una legge del Parlamento possiamo addirittura vedere il sito ufficiale e magari scoprire che è alquanto difficile che al 3 gennaio sia stata approvata la legge numero 3756. In generale non dovremmo affidarci a un unico punto di vista, ma scoprire su un motore di ricerca che ci sono migliaia di siti Internet che riportano la stessa notizia non necessariamente la rende vera, anzi: potremmo renderci conto che ci sono persone che si sono preoccupate più della rapida diffusione di una notizia sconcertante che della sua verifica.

Esistono siti Web che si occupano del cosiddetto fact checking, ovvero della verifica delle notizie, riportando metodi e fonti della ricerca. Alcuni sono specializzati nello svelare le bufale o nello scoprire che bufale non sono.

Attenzione anche alle presunte citazioni di personaggi o testi: la Rete pullula di frasi che Gandhi non ha mai pronunciato; diffondere una sua falsa citazione sulla pace mondiale non arreca un danno alla sua causa, ma contribuisce a produrre una diversa realtà. Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry avrebbe un testo ben diverso, pur mantenendo magari lo stesso messaggio, se ricomposto attraverso le presunte citazioni che possiamo trovare su Internet.